lunedì 16 aprile 2007

Riflessioni classiche

C'è un poeta veneto che fa di tutto per non essere famoso, ma che distilla versi da ormai svariati lustri, con inesauribile lucidità. Pare abbia una cultura non solo classica, bensì aperta alla scienza. Una cultura che può permettere di ampliare lo sguardo su scenari ben più vasti delle semplici questioni poetiche. E' un poeta ancora immerso nell'oggi, come affacciato ad una finestra, però. La finestra di Pieve di Soligo, la finestra della quiete naturale in contrasto al caos delle grosse metropoli, da cui si può con maggior serenità utilizzare il cervello senza il circostante frastuono. Ha scritto di tutto e con forme le più disparate. Si interroga e si fa interprete acuto e distanziato di quanto accade.
Leggendo le Odi di Orazio ci si accorge di una cifra stilistica fondamentale, la necessità di essere immersi nella storia del proprio paese. Orazio che cerca di distanziarsi dalla logica imperiale, celebrandola di riflesso, in chiave "minore", Orazio che si allontana dal mondo attivo per godere degli amori e del vino, ricade, ogni istante, nel ricordo delle gesta eroiche, delle battaglie vincenti, dei fasti e delle sconfitte. Per allontanarsene come elastico che ritorna poi su se stesso. E rimane attuale in ogni suo carme
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