venerdì 4 maggio 2007

Melodie d'infanzia


Sarebbe bello riuscire a descrivere quali emozioni l'ascolto musicale dia. Sin da bambino le note, in quelle particolari successioni, pareva mi trasportassero, senza nemmeno osar oppore resistenza, in un racconto senza successione di stati. Ascoltavo e mi pareva fosse una voce lontana, anziana, saggia che parlasse. Molte musiche mi lasciavano una impressione debordante, come se un immenso racconto, un'epopea fosse terminata. Così l'ascolto di una sinfonia, l'ascolto di una sonata, l'ascolto di un'opera. Nell'opera, quanto più mi colpiva erano gli scontri, scontri di personaggi, scontri titanici di voci, scontri destinati a risolversi nell'amore o nell'odio. I duetti, le grandi scene dove i personaggi mettevano a nudo i loro stati d'animo. Più delle scene corali, più delle arie singole era nei duetti, nei pezzi d'insieme che mi sentivo trasportato sin nel cuore dell'opera e nella mente del compositore. Poi crescendo queste sensazioni pensavo si sarebbero affievolite. Invece ciò non avviene, le sinfonie, i quartetti, le sonate, i timbri (organo, legni, fiati, percussioni, tastiere) mi parlano ancora come singole voci, come un lungo immenso racconto, una fiaba ripetuta più volte. Si dipana alla mente la partitura, si apre chiara ed evidente la successione di note. E torna, sempre, con serafica compostezza, il fascino di quel dialogo nascosto, intimo e profondo, che pare risalga a tempi e spazi fuoriusciti dal nostro vivere terreno.

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