giovedì 23 novembre 2006

Riflessioni storiche

In televisione, ieri sera, la prima parte di un ricco documentario dedicato a Karol Woityla. Si ringrazia il cielo di non esser nati ai primi del ‘900, o comunque a cavallo delle due guerre. Le immagini che dovrebbero rimanere a perpetua memoria di fatti da cui non si può prescindere: i campi di concentramento tedeschi, le fosse rigurgitanti cadaveri, la devastazione dei ghetti. Anziani, adulti, bambini dallo sguardo terrorizzato e senza futuro. La bocca chiusa, senza possibilità di poter protestare. E’ l’assenza di suono che colpisce in quei filmati, lontano dal caos rivoltoso sull’ala di speranze legittime appartenente ai successivi anni Sessanta, Settanta. Allora non potevano. Lo sguardo glaciale dei gerarchi e gerarchetti nazisti, trionfalmente glaciale, sprezzante. E il volto ebete di colui che ha guidato la Germania al disastro. Montanelli ipotizzava di nascondersi sotto la scrivania di Hitler e Stalin per capire come hanno fatto a compiere tante nefandezze e a gestire il mondo per anni. Capire il perché di quei momenti è impossibile. Così come seguire tutto lo svolgersi di trattative, alleanze, patti, più o meno segreti. Rimane l’impressiona di insondabilità delle menti umane, del perché di tanta violenza. E gli sguardi muti dei ghetti.

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