giovedì 16 novembre 2006

Harding a sorpresa

Si inserisce nel Novecento anche il concerto diretto ieri sera da Daniel Harding. Con la Filarmonica scaligera in grande spolvero, soprattutto negli ottoni, percussioni e fiati. I Sechs Stücke op.6 di Webern accanto alla trascrizione da Bach incorniciati dall’Idillio di Sigfrido e Tod und Verklärung di Strauss. Harding diffonde su Wagner un sentimento malinconico e struggente di immobile tenerezza. Quasi brume inglesi, nebbie psicologiche oltre che reali. Perfettamente realizzata la geniale trascrizione weberiana per poi rendere con una tensione profondamente ricercata i Sechs Stücke. L’orchestra ha risposto con eccellente attenzione ad ogni sollecitazione. Anche nei momenti più scoperti per le sezioni solistiche non c’è stata sbavatura o calo. Webern, minuscolo concentrato di un mondo a cui si anela e descrittivo dell’orrore dal quale non ci si riesce a proteggere...il suo è un mondo di fibrillante sensibilità. Occorrerebbe sapere quanto Ravel ne avesse conoscenza, soprattutto durante la stesura dell’Enfant et les sortileges. Un mondo iper sensibile di cui è stato maestro Debussy col Pelleas. Il poema sinfonico di Strauss, inserito in quel filone psicoanalitico di cui Harding ha informato tutta la serata, non si è sottratto alla bellezza degli ottoni già ascoltata nei brani precedenti e alla ricerca di pianissimi impalpabili di grande tensione emotiva. Da rilevare il gesto, calmo, tondo, preciso al contempo, mai frenetico.
E’ stata una immersione nella cultura primo novecento viennese, in quel rovello di cui è stato attento indagatore e cronista Canetti. Quella Vienna tradizionalista produttrice delle più ardite avanguardie europee e mondiali.

Riassale la nostalgia delle città italiane visitate in questo anno. O meglio con l’inizio del mio fidanzamento. Roma, spesso, non solo con l’ascolto di brani musicali a lei ispirati (su tutti gli oleografici Pini), ma anche per quanto del secolo diciannovesimo in lei contenuto. Senti ancora D’Annunzio e i suoi personaggi, spinti all’estremo, ma accolti nel placido torpore romano. E dall’alto della scalinata che porta ai Fori, l’infilata di archi statue resti, su su fino al Colosseo. Unica visuale di quel che era stato l’Impero, non dissimile dall’attuale per costumi generali. Ci si aspetterebbe di veder passeggiare nella foggia della scuola di Atene raffaellesca.

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